Edizioni Medhelan

Scrivere non pensando al proprio sesso

di Sara Sullam – Il Domenicale – Sole 24 Ore – 21 luglio 2024

E’ difficile pensare a una scrittrice più londinese — o inglese — di Virginia Woolf, così come è poco consueto associare il suo nome
al continente americano. D’altronde, alla domanda postale da «Heart’s International-Cosmopolitan» nel1938, «Che cosa la interessa di più nel mondo cosmopolita di oggi?», Woolf aveva risposto: «L’America, che non ho malvisto». Eppure, si divertiva molto a immaginarla, l’America. Non solo gli Stati Uniti— che definisce lo spazio in cui si svilupperà il romanzo del Novecento (e come darle darle torto!) — ma anche l’America Latina, come testimonia la corrispondenza con la scrittrice argentina Victoria Ocampo, uscita per i tipi di Medhelan e curata minuziosamente da Francesca Coppola.
Virginia Woolf e Victoria Ocampo si conoscono nel1934. La prima è un’autrice e critica letteraria affermata, la seconda non è certo una sconosciuta: ha già pubblicato diversi scritti negli anni 2o, e nel1931 ha fondato la rivista «Sur», sulle cui pagine ospiterà grandi
nomi della letteratura mondiale. Eppure, l’incontro con Woolf è cruciale: tanto che la prima serie dei Testimonios, nel 1935, si apre
con una Lettera a Virginia Woolf, in cui Ocampo si rivolge con ammirazione e schiettezza all’autrice, parlandole non di ciò che le accomuna — sono entrambe scrittrici, editrici, e condividono una posizione di privilegio — ma di ciò chele separa, che non è solo un oceano, ma un diverso rapporto, da donne, con la tradizione, o meglio, con la tradizione europea. Victoria scrive della
«fame», che ancora si avverte nella sua scrittura e le impedisce di scrivere dimenticandosi del proprio sesso, come auspica provocatoriamente Woolf. A Victoria manca quella “genealogia” di scrittrici di cui invece si può fare forte Virginia nella Stanza, perché è una genealogia che stenta a riconoscere nel continente americano. Quella di Victoria è una fame creativa, che la porta in Europa, dove trova molta sostanza ma poca “fame”: «È come se il mio cuore non potesse tollerare altro che il clima sudamericano, mentre la mia mente non può sopportare che il clima europeo», scrive. Ecco che allora le due donne — che si incontreranno poche volte ma si scriveranno lettere fino alla morte di Woolf— intrattengono un dialogo che espande i confini della loro immaginazione. «Ogni volta che esco di casa, creo un’altra immagine del Sud America», scrive Virginia. E nel 1935penserà addirittura di andarci. Sarà Victoria ad andare in Tavistock Square, e a portare non Virginia, ma i suoi libri (Orlando e la Stanza, tradotti da Borges, e poi il Faro), in Argentina. Grazie al prezioso volume, arricchito dai saggi di Nadia Fusini e Manuela Barral e dalle riproduzioni di documenti originali, possiamo seguire libri e persone su entrambe le sponde dell’Oceano.

Corrispondenza

18,00 

Il primo incontro tra Virginia Woolf e Victoria Ocampo avviene a Londra, alla fine del 1934. Woolf è già un’autrice di fama internazionale. Da parte sua, Victoria Ocampo cerca di ritagliarsi un posto nel mondo intellettuale argentino, dominato dagli uomini. “I’m in love with Victoria Okampo” scrive allora Virginia all’amica e amante Vita Sackville-West. Sarà l’inizio di un profondo legame culturale e affettivo testimoniato da un ampio scambio epistolare. Questo libro, che include documenti autografi e immagini esclusive, presenta il ritratto di due donne per cui vale ciò che scrisse Borges alla morte di Victoria Ocampo: “In un paese e…

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