Il Questionario
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Nel 1951, quando la Germania Ovest viveva ancora lo status di Paese occupato, a nemmeno sei anni dal crollo del regime hitleriano e a meno di due dalla nascita della Repubblica federale, uno scrittore che, ancora giovane, aveva conosciuto un grande successo sotto la Repubblica di Weimar, ma di cui negli anni Trenta si erano perse le tracce, pubblicò un libro che subito si impose al grande pubblico, sorta di best seller ante-litteram. L’autore, Ernst von Salomon, aveva allora 49 anni, “Der Fragebogen”, “Il questionario”, era il titolo, ricavato dai 131 quesiti elaborati e raccolti sotto quell’etichetta dalle autorità alleate nell’intento di stilare una «radiografia del nazismo» applicata al popolo tedesco, una sorta di screening-interrogatorio di massa nel nome della «denazificazione»… L’idea di servirsi di quel canovaccio per raccontare la propria vita e denunciare la miopia imbecille dei vincitori, per mostrare e dimostrare che non erano poi così migliori dei vinti, per rendere note le ingiustizie e i maltrattamenti inflitti ai tedeschi, era intelligentemente perversa e/o controcorrente, in rotta con tutti i conformismi, forte di una requisitoria che se non risparmiava il nazismo, non faceva però sconti agli americani e ai loro alleati. Tutto ciò farà di “Der Fragebogen” il primo libro veramente discusso, con traduzioni in più lingue, del dopoguerra tedesco.
Traduzione di Pietro Gerbore
Pagine: 892
Scrittore tedesco (1902 - 1972), fu attivo sotto il nazismo come sceneggiatore cinematografico. Nel dopoguerra ha scritto romanzi a carattere prevalentemente autobiografico: Die Geächteten (1930; trad. it. I proscritti, 1941); Die Stadt (1932); Die Kadetten (1933); Der Fragebogen (1951). Personaggio “inclassificabile” ed eterno ribelle, Ernst von Salomon sopravvisse all’apocalisse bellica ma non si adeguò al clima tiepido della Repubblica Federale. Fedele al suo prussianesimo interiore, senza mai pentirsi di nulla, “restò in piedi” con disincanto ed ironia. Nel 1972, pochi mesi prima della sua morte, in un’intervista a Dominique Venner confessò «ho avuto la fortuna di vivere un’epoca terribilmente folle ed appassionante, ma non chiedetemi di vedere la vita per altra cosa di quello che è realmente: una farsa».