Descrizione
«Il ritmo mozzafiato di un thriller in un dramma che ha per protagonista la storia» – The Guardian
28,00 €
L’invasione del Tibet nel 1904 è uno degli avvenimenti più incredibili della storia imperiale britannica. Concepita da Lord Curzon come una mossa strategica all’interno del Grande Gioco – il colossale scontro in atto fra Londra e la Russia zarista per il dominio dell’Asia centrale – fu condotta maldestramente e sulla base di debolissime motivazioni. Guidata da Francis Younghusband, soldato, esploratore e mistico, la missione politico-militare incappò nel fuoco diplomatico incrociato della Cina e della stessa diplomazia inglese e terminò nella vergogna e nel risentimento misto a disgusto dello stesso Younghusband. Nel ricostruire questa avventura e i suoi protagonisti, a volte carismatici, spesso grotteschi, Peter Fleming illumina quello che oggi è visto come un momento chiave in quel Grande Gioco i cui echi continuano ancora a risuonare all’interno del suo spazio geopolitico. Lo fa, come egli stesso racconta, “dall’interno”, e non semplicemente da storico. Scolpisce una trama colma di sentimenti umanissimi: l’ammirazione per l’imponenza dei monasteri, lo spaesamento di fronte alla vastità degli altipiani, la paura dell’incontrollabilità della natura. Il tutto con una lingua colta e fiorente di citazioni letterarie (Shakespeare su tutti). Perché, eccezion fatta per i suoi attori principali, nessuno come lui può vantare una conoscenza di prima mano, frutto di viaggi, vagabondaggi, esplorazioni, di quel centro-Asia fatto di altipiani e montagne, monasteri buddisti e laghi salati, venti aspri, pony dal pelo scarruffato, gente rozza, voci che girano intorno ai fuochi di sterco di yak…
Traduzione di Fabrizio Bagatti
Pagine: 376 con illustrazioni
«Il ritmo mozzafiato di un thriller in un dramma che ha per protagonista la storia» – The Guardian