Usando la “Fionda” quel ragazzo ribelle lanciava la sua protesta contro gli adulti che non lo capivano
di Marino Freschi – Il Giornale – 12 dicembre 2021
La letteratura tedesca, quella universalmente conosciuta, comincia con I dolori del giovane Werther del 1774 e dopo duecento anni, nel 1973, Ernst Jünger (1895-1998) pubblica, quasi ottantenne, un romanzo sui turbamenti e i dolori di un adolescente, La fionda, appena uscito dalla valorosa casa editrice Settecolori a cura di Alessandra Iadicicco (ottima traduttrice e conoscitrice dello scrittore tedesco). Dunque un romanzo giovanile e insieme senile, che inquieta perché si tratta di un racconto di esperienze – probabilmente memorie autobiografiche – di uno studente, con le sue angosce, incertezze, tremori e timori.
All’inizio del Novecento uscirono numerosi romanzi sugli insidiosi anni della formazione giovanile attraverso quella che è la selva oscura della adolescenza. Questi racconti furono così importanti da segnare la nuova stagione culturale e artistica inaugurata da Frank Wedekind con un dramma, Risveglio di primavera, e proseguita con una nutrita serie di romanzi sulle angosce di adolescenti alle prese con una società rigida, pedante, autoritaria e repressiva. Nel 1902 Emil Strauss pubblica Compagna morte, a ruota seguono Peter Camenzind (1904), Sotto la ruota (1906) e Demian (1919) di Hermann Hesse, e nel 1906 I turbamenti dell’allievo Törless di Musil. Nel 1900 Freud aveva pubblicato L’interpretazione dei sogni che stava cambiando radicalmente la sensibilità verso le turbe vissute nell’adolescenza, quale fragile età a rischio. Contemporaneamente l’espressionismo aveva dichiarato guerra alla società patriarcale. Talvolta la denuncia si ritorceva contro l’accusatore, come in Lettera al padre di Kafka. Questa ondata di romanzi dura grosso modo fino alla Grande Guerra, sicché nel 1973 il romanzo di Jünger era provocatoriamente inattuale. Lo scrittore ci sorprende ancora una volta con questo tardivo contributo a una esperienza letteraria ormai lontana e conchiusa.
La fionda è autobiografico? Certamente, come possiamo comprendere dalle vicissitudini di quegli anni assai movimentati della sua prima giovinezza. Nel 1911 aderisce al movimento giovanile dei Wandervögel, Uccelli migratori, fondato da liceali di Berlino e rapidamente diffusosi in tutta la Germania: erano giovani ribelli (almeno nei week end), ostili alle metropoli e all’autoritarismo della società guglielmina, legati dal cameratismo, dalle germaniche Wanderungen, escursioni e marce nei boschi al canto dei Volkslieder romantici e a lunghe confessioni attorno ai falò notturni. Quei giovani ravvivavano una forte tradizione radicata nel romanticismo che è all’origine della sensibilità verde, ancora oggi diffusa in Germania come antidoto all’egemonia industriale, il cui ultimo avatar sono i Grünen, ora al governo con i rossi e con i gialli (quelli del partito degli industriali).
Lo Jünger dell’anarca e del Passaggio al bosco discende direttamente da quelle turbolenze giovanili, che costituiscono la trama del romanzo, che è uno scontro tra mentalità e visioni del mondo contrastanti. Negli anni dell’adolescenza la famiglia Jünger affrontò numerosi traslochi che si ripercossero negativamente sull’andamento scolastico del giovane, che – come Clamor, il protagonista della Fionda – alle materie scolastiche preferiva la lettura dei romanzi d’avventura e l’entomologia (cui Jünger rimase fedele per tutta la vita). Lo scontro con la rigida istituzione scolastica, l’incomprensione con i professori, spesso sadici e ipocriti (ben rappresentati da Heinrich Mann in L’angelo azzurro del 1905) contribuirono alla sua avventurosa fuga nella Legione Straniera nel 1913, da cui pure fuggì, finché non venne riacciuffato dal padre. Ma il ritorno del figliolo prodigo durò pochi mesi: nell’agosto del 1914 partì volontario e così comincia la vita più nota di Jünger, quella delle Tempeste d’acciaio e di Cuore avventuroso, quella della militanza nei circoli della Rivoluzione Conservatrice.
Ma parallelamente Jünger prosegue i suoi studi in scienze naturali, nel 1920 è a Napoli a studiare la fauna ittica nella Stazione Zoologica Dohrn. E proprio a Napoli nel 1987 lo incontrai per una cerimonia in suo onore. Ero stupito che avesse accettato l’invito (senza onorario); mi disse che tornava sempre due volte nei luoghi della giovinezza. E infatti l’anno prima, nel 1986, era partito – novantunenne – per la Malesia per rivedere la cometa Halley che aveva osservato nel 1910 (ne scrisse in Zwei Mal Halley, «Due volte Halley»). Questo mi ha fatto capire meglio il motivo della Fionda, in tedesco Zwille. E nelle vicende di Clamor incontriamo, come nota la curatrice, il suo gemello – ovvero Zwilling – Teo, assai scafato, protettore e tiranno, che aiuta il compaesano a tirarsi fuori dai guai. Entrambi provengono da un villaggio della Bassa Sassonia. Lo deduciamo dall’uso del dialetto, il cosiddetto plattdeutsch, che assomiglia un po’ all’olandese e che è ancora molto usato nel Settentrione. Nel romanzo il gioco dei registri linguistici segnala i ruoli sociali: paesani e cittadini, studenti e docenti. I professori sono ostili agli alunni che non riescono nemmeno a esprimersi correttamente. S’intrecciano i vari destini dei personaggi: oltre a Clamor e a Teo, dal loro villaggio proviene anche Buz, che è quello più selvaggio. E infatti viene espulso dalla scuola, ma non si era fatto soverchie speranze.
Per Clamor la sorte era stata particolarmente dura: aveva perso prematuramente la madre e il padre, aiuto-mugnaio. Il padrone del mulino – tipica figura del romanticismo tedesco – lo prende a ben volere e lo protegge. E d’intesa con l’autorità del paese, il Pastore, decide d’inviarlo alla scuola in città, avviando così il suo protetto all’insuccesso e a quelle esperienze oscure di sesso e violenza minorile che caratterizzano le labirintiche peripezie degli adolescenti, lontani da casa e da ogni protezione. Dei tre ragazzi, Clamor è il più maldestro, combina guai (specie con la fionda, di cui si erano dotati), inoltre ha difficoltà a seguire le lezioni, spesso non capisce che cosa dicono gli insegnanti; lentamente si chiude in sé stesso e percepisce la fine ingloriosa della sua pur breve carriera scolastica. Il fallimento si avvicina inesorabile, ma non manca l’happy end: viene adottato dall’insegnante di disegno che ne aveva compreso la sensibilità e le capacità.
Ciò che più intriga nella storia dei tre ragazzi è la straordinaria capacità dell’autore di immedesimarsi nelle più varie situazioni, come pure l’attenta, empatica ricostruzione di queste giovani esistenze, considerando che è la rammemorazione di un anziano scrittore che sa rievocare fin nei minimi particolari le vicissitudini di questi ragazzi d’inizio secolo: voce fuori campo e fuori tempo. Impressionante è la raffigurazione di scene tragiche come il suicidio di un altro allievo, Paulchen, il più esposto ai pericoli e sottoposto alle angherie sadiche di un professore. Incontriamo anche scene poetiche oppure ironiche, come quando Clamor, sprovveduto e goffo, apostrofa l’amato insegnante di disegno «Herr Prolet», immaginando che fosse un titolo superiore e diverso dall’odiato «Herr Professor».
Insomma La fionda è la scoperta di un altro Jünger: è una chiave più attenta, duplice, appunto, per una più completa comprensione di uno Jünger non solo eroe con tante medaglie, ma anche segnato da indimenticati turbamenti giovanili. E nell’emblema della duplicità, della Zwille, Jünger ricerca una possibile unità del destino, quello che, inatteso, si apre nel finale a Clamor (leggi: a Jünger).
La Fionda
Clamor Ebling, tredicenne della Bassa Sassonia, lascia l’universo pacifico e sognante della sua campagna per entrare come interno in un liceo cittadino dove lo attende il duro apprendistato che lo porterà alle soglie della vita adulta. La scuola, il pensionato, la stessa città, con i suoi vicoli e i segreti dei suoi giardini, diverranno per…